ANTE OMNIA 🏛 Arte e Mitologia di Antonia Calabrese (acartWorks)
"Me vero primum dulces ante omnia Musæ, Quarum sacra fero ingenti perculsus amore, Accipiant." (Virgilio. Georg. lib.II)
ELENCO PAGINE DEL BLOG
venerdì 9 dicembre 2022
Antonia Calabrese - Dal Cielo all'Averno - Ci rapisce il tempo
giovedì 6 ottobre 2022
Alla Sapienza - Lo scrigno segreto (e la poesia ritrovata) - letta dall'autrice Antonia Calabrese
venerdì 29 ottobre 2021
Minerva Memore
Minerva Memore
(pittoscultura materica - 2021)
Minerva fu invocata dai devoti come dea Sanctissima e Augusta e celebrata, fra l'altro, come Minerva Memor (e Minerva Memor e Medica, epiteto abbreviato nelle iscrizioni con una doppia MM) in quanto, oltre a salvaguardare la mente e ad acuire l'intelligenza, ricorda le preghiere e ammonisce i fedeli. Minerva Memore è colei che mantiene salde intelligenza e memoria e dona virtù sia di apprendere insegnamenti ed esperienza che di fortificare la conoscenza a mezzo della memoria. Come Minerva Memor (e), fra l'altro, la invocavano i condottieri romani affinché li ispirasse nel mettere a punto efficaci strategie e tattiche di guerra per sopraffare il nemico.
Il culto di Minerva Memor e Medica era legato alle acque e alla salute ed è attestato in popolazioni autoctone presso acque sorgive e "salse", fenomeni geologici dalle proprietà curative dovuti alle eruzioni di fuoco e fango da piccoli vulcani e, presso le vene di petrolio. Pratiche curative erano in particolare, ma non soltanto, legate al suo culto per la guarigione dalle malattie della pelle e delle zone intime e genitali.
Secondo fonti storiche il fenomeno delle "salse" oltre che alla cura era connesso alla pratica oracolare: nell'improvvisa fuoriuscita da sotterra di acqua, fango e fuoco veniva ravvisato il contatto del mondo sotterraneo con quello degli umani.
Minerva, in questo caso, assumeva carattere ctonio e profetico e per sua ispirazione venivano emessi responsi e sentenze oracolari dalle sacerdotesse dedicate al suo culto.
domenica 2 maggio 2021
La sirenetta sullo scoglio
La sirenetta sullo scoglio
(scultura - 2019)
Questa piccola scultura in terracotta elaborata con la mia personale tecnica ad “anima docile”, poggia su un sasso naturale.
Nella mitologia greca e romana si ha traccia certa della credenza diffusa dell’esistenza delle sirene.
In lingua greca “Σειρήν” e in latino “Sirena” erano entità magiche e divine, figure tanto mitiche quanto religiose. Di gran lunga precedenti furono le leggende assire e babilonesi.
Si ha notizia della remota esistenza di una dea siriaca, Atargatis, conosciuta col nome latino di Atargatide o Atergate, la quale avrebbe avuto forma di donna e di pesce.
La “Grande signora delle terre della Siria del nord” era conosciuta ai greci come Derceto o anche, Derketo e Deasura, ovvero “Dea Syria”.
Divinità dell’amore assimilata alla stessa Afrodite, ella fu raffigurata dall’aspetto di una sirena. Ebbe due figli, un maschio, Efeso, e una figlia, Semiramide.
Sembra che il termine greco utilizzato per Σειρήν, cioè Sirena, significhi “vespa” e probabilmente fu immaginata dotata di ali.
Di sirene ci parla, com'è noto, il poeta greco Omero nell’Odissea le quali sarebbero state figlie di Acheloo o di Forzo. Libanio, retore siro di lingua greca vissuto in età romana, narra che furono generate dal sangue del corno del dio dell'acqua reciso da Ercole. Secondo altri miti e leggende erano figlie della musa Melpomene e di Acheloo.
Vivevano nelle acque del mare fra Scilla e Cariddi e ammaliavano i marinai col loro canto: li attiravano con le loro seducenti melodie verso la loro isola per farli morire accompagnandosi col suono della lira e del doppio flauto.
Ulisse, messo in guardia dalla dea maga Circe, ricorse allo stratagemma di turarsi le orecchie con la cera insieme al suo equipaggio.
Il mito delle sirene non è mai del tutto tramontato come dimostrano la letteratura e le arti in generale.
Figure bellissime e sorprendenti, a volte erano anche rappresentate in antichità, con barba maschile e mammelle femminili, artigli ai piedi similmente alle Arpie, nonché, alate.
La poesia "Lorelei" di Heinrich Heine (1797 - 1856)
Io non so che voglia dire
che son triste, così triste.
Un racconto d'altri tempi
nella mia memoria insiste.
Fresca è l'aria e l'ombra cala,
scorre il Reno quietamente;
sopra il monte raggia il sole
declinando all'occidente.
La bellissima fanciulla
sta lassù, mostra il tesoro
dei suoi splendidi gioielli,
liscia i suoi capelli d'oro.
Mentre il pettine maneggia,
canta, e il canto ha una malia
strana e forte che si effonde
con la dolce melodia.
Soffre e piange il barcaiolo,
e non sa che mal l'opprima,
più non vede scogli e rive,
fissi gli occhi ha su la cima.
Alla fine l'onda inghiotte
barcaiolo e barca... Ed ahi!
Questo ha fatto col suo canto
la fanciulla Lorelei.